Acupotomia
E' un metodo terapeutico chirurgico microinvasivo che viene eseguito con l’uso del acupotomo, strumento tagliente leggermente diverso dall’ago filiforme di agopuntura, chiamato anche “ago minibisturi” oppure “ago coltello”, che lo si può considerare come la evoluzione del ago a spada, il numero 5 dei nove aghi antichi.
La lesione fibrotica cronica dei tessuti molli è una delle principali cause della ridotta qualità di vita nei paesi occidentali, sia in ambito lavorativo sia in ambito sportivo. I tessuti molli che si lesionano dopo essere stati sottoposti a chirurgia, movimenti ripetitivi e sforzi intensi provocano il fenomeno infiammatorio, che nella cronicità deriva in fibrosi. Quando un tessuto molle sviluppa fibrosi, aumentano il numero di fibre colagene con la conseguente perdita di elasticità e resistenza, restano intrapolate le terminazioni nervose che si irritano sensibilizzandosi, producendo come conseguenza dolore locale e limitazione dei movimenti.
Dalla prospettiva dell’agopuntura, questi fenomeni vengono raggruppati in quello che viene definito “sindrome dolorosa (bi)”, da “ostruzione e ristagno” al normale passaggio della energia “qi” attraverso dei “meridiani e collaterali”, termini tradizionali che attualmente vengono identificati in medicina come: sindrome miofasciale, energia biolelettrica del tessuto neuromuscolare e catene miofasciali, rispettivamente.
Il tessuto fibroso non risponde adeguatamente ai trattamenti agopunturali tradizionali, il problema non si risolve con farmaci, ne con massaggio o fisioterapia. La chirurgia non è conveniente in quanto responsabile di ulteriore fibrosi. L’uso delle onde d’urto a questo scopo oltre ad essere limitato a poche sedute e rivolte al tessuto superficiale, risulta in un trattamento molto più doloroso ed invasivo per il paziente.
L’acupotomia è indicata per la liberazione del tessuto reattivo fibrotico secondario a lesione cronica del tessuto molle, nel’azione di tagliarlo e distruggerlo è possibile ripristinare l’equilibrio dinamico e funzionale della zona affetta. Molto utile nel trattamento di aderenze cicatriziali, entesopatie, calcificazioni e fibrosi di trigger miofasciali. Trova dunque applicazione in molti disturbi cronici di difficile risoluzione: spina calcaneare, spondilite anchilosante, spalla congelata, tendinopatie, tenosinovite de Quervain, malattia di Dupuytren, epicondilite, epitrocheite, calcificazioni dei legamenti, sindrome del tunnel carpale, sindrome del tunnel radiale, tendinopatia della zampa d’oca, fascite plantare, alluce valgo, cervicodorsalgie e lombalgie di origine miofasciale resistenti a trattamento. Inoltre, neuroma di morton, dolore post amputazione e altre neuropatie periferiche da sensibilizzazione dei nocicettori come la nevralgia posterpetica.
La tecnica stata ideata nel 1976 e sviluppata negli anni ottanta dal dottor Zhu Hanzhang. L’acupotomo è certamente un ago, simile a quello di agopuntura ma di un diametro maggiore e con la punta di forma piatta come quella di un avvitatore, ma col bordo tagliente di 0,1 – 0,2 mm. Il manico può essere di plastica o di acciaio. La lama è di acciaio, con un diametro che va da 0,25 a 0,45 mm e lunghezza da 3 a 7,5 cm.
Il primo passo nel trattamento è individuare la zona fibrotica attraverso la palpazione, oppure con l’uso di un ecografo, il che richiede l’adeguato addestramento da parte del professionista. Vengono segnati i punti e successivamente viene inserito un acupotomo per ogni punto. La inserzione può essere profonda oppure superficiale. In verticale per il trattamento di tendini e muscoli, oppure in orizzontale per il trattamento di cicatrici e fascia superficiale. In seguito lo si manipola in modo dritto o a ventaglio, con l’intento di tagliare e distruggere il tessuto duro e fibrotico sottostante. E una microchirurgia poco dolorosa che non necessita l’uso di anestetico con effetti immediati in termini di riduzione del dolore e recupero della motilità.